De notte

Che notte dorce é questa qua, nun tira n’alito de vento e le stelle

sembreno diamanti, sbrilluccicano e se movono. Fremono pure.

Me pare che c’hanno da dí quarcosa, ma nu le sento.

Co l’occhi incantati e a lingua secca, come quann’ero regazzino, penso che so distanti e

che puro loro se possono sentí sole, magari c’hanno paura der buio.

Me piacerebbe pijanne una ‘n mano e capí se é calla o fredda, se batte come er core.

Er fatto é che tutte e sere guardo sto spettacolo senza dov’é pagà na lira.

Er cielo sta lla pe tutti, pe li ricchi, pe li poveri, pe li sapientoni e pe l’iggnoranti,

basta solo arzà l’occhi e lasciasse annà.

BD

Anzio 31 ottobre 2021

Al pozzo

Al pozzo c’era un Uomo senza nome.

Tirai su il secchio, credevo avesse sete.

Nel secchio c’era un desiderio, piccino, appena nato,

che piangeva di fame e sete.

L’Uomo senza nome lo prese in braccio e lo accostò al mio seno.

Succhiava avidamente. Alla fine mi divorò.

Divenni desiderio anch’io, per quell’Uomo senza nome.

BD

Anzio 29 ottobre 2021

cammini e guardi il mare

cammini e guardi il mare.
a piedi nudi sui cocci di bottiglia,
sulle cicche di sigarette, sugli scarti di mani volgari.
mai un lamento, una parola, sei solo occhi.
sudi uno strano miscuglio di dignità e pace che puzza
delle notti sotto cieli stellati, su giacigli d’asfalto improvvisati.
non possiedi nulla, non sei padrone di niente eppure
con gli occhi tutto t’appartiene perché accogli con rispetto.

BD

Anzio 28 ottobre 2021





l’amore e il tempo

non si comprano al mercato
l’amore e il tempo.
l’uno cade dal cielo, si deposita imbiancando le storture,
lo sporco svanisce per miracolo.
l’altro scorre senza ragioni né torti ed è sempre
un passo avanti al nostro naso.
c’è un rapporto di muto soccorso tra loro.
per ogni ferita d’amore, il tempo è la cura.
al trascorrere dei giorni il dolore non passa ma si attenua,
non brucia ma ricordiamo.
è la memoria che accoglie e conserva.
un deposito di vita in cui tutto si confonde e giace, il problema.
dovremmo poter cancellare l’infelicità e trattenere il bello.
invece le maledizioni sono attive, sempre, mentre le benedizioni
confluiscono in angoli bui e muiono, lentemente.
non è giusto, forse strano può sembrare, ma i ricordi dolorosi
segnano cammini e percorsi. quelli belli danno sollievo,
alcune volte fanno sorridere.

BD

Anzio 26 ottobre 2021

poteva piovere!

sul farsi mattina, mentre gli altri
ancora dormono, te ne vai
camminando già sporco, con i pantaloni
impregnati di calce e pittura.

un panino nello zaino, tanta stanchezza
sulle spalle, curve come una falce, arranchi
con le scarpe e il cuore pesanti,
il tuo cuore non sta dentro una mano.

mai un lamento, – zitto e lavora -, perché sei fortunato
a lavorare, mulo da lavoro, chino e solo,
orribile visione dei molti grilli straparlanti
sempre dritti e impettiti, che t’osannano

con la lingua e ti ripudiano come pari. nei congiuntivi
sbagliati, nel tuo parlare sconnesso, sei l’errore
ideologico di una società che non puzza
di sudore e sacrifici. che farsene

di te? lavacro per le mani dei Ponzio Pilato!
ma vai, col gelo e col sole, vai
incontro al destino, con l’assurda dignità
di chi parla come mangia e beve vino,

di chi fa l’amore tutti i giorni, perché
gli scoppia dentro,
con le mani che graffiano e il cuore che pompa.
di chi ricomincia, la mattina dopo, con la consapevolezza

che l’oggi poteva essere peggio della malta
e della polvere, poteva piovere!

BD

Anzio 22 ottobre 2021




PPP_Il pianto della scavatrice

I

Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto. Dà angoscia

il vivere di un consumato
amore. L’anima non cresce più.
Ecco nel calore incantato

della notte che piena quaggiù
tra le curve del fiume e le sopite
visioni della città sparsa di luci,

scheggia ancora di mille vite,
disamore, mistero, e miseria
dei sensi, mi rendono nemiche
le forme del mondo, che fino a ieri
erano la mia ragione d’esistere.
Annoiato, stanco, rincaso, per neri

piazzali di mercati, tristi
strade intorno al porto fluviale,
tra le baracche e i magazzini misti

agli ultimi prati. Lì mortale
è il silenzio: ma giù, a viale Marconi,
alla stazione di Trastevere, appare

ancora dolce la sera. Ai loro rioni,
alle loro borgate, tornano su motori
leggeri – in tuta o coi calzoni

di lavoro, ma spinti da un festivo ardore
i giovani, coi compagni sui sellini,
ridenti, sporchi. Gli ultimi avventori

chiacchierano in piedi con voci
alte nella notte, qua e là, ai tavolini
dei locali ancora lucenti e semivuoti.

Stupenda e misera città,
che m’hai insegnato ciò che allegri e
feroci
gli uomini imparano bambini,

le piccole cose in cui la grandezza
della vita in pace si scopre, come
andare duri e pronti nella ressa

delle strade, rivolgersi a un altro uomo
senza tremare, non vergognarsi
di guardare il denaro contato

con pigre dita dal fattorino
che suda contro le facciate in corsa
in un colore eterno d’estate;

a difendermi, a offendere, ad avere
il mondo davanti agli occhi e non
soltanto in cuore, a capire

che pochi conoscono le passioni
in cui io sono vissuto:
che non mi sono fraterni, eppure sono

fratelli proprio nell’avere
passioni di uomini
che allegri, inconsci, interi

vivono di esperienze
ignote a me. Stupenda e misera
città che mi hai fatto fare

esperienza di quella vita
ignota: fino a farmi scoprire
ciò che, in ognun, era il mondo.

Una luna morente nel silenzio,
che di lei vive, sbianca tra violenti
ardori, che miseramente sulla terra

muta di vita, coi bei viali, le vecchie
viuzze, senza dar luce abbagliano
e, in tutto il mondo, le riflette

lassù, un po’ di calda nuvolaglia.
È la notte più bella dell’estate.
Trastevere, in un odore di paglia

di vecchie stalle, di svuotate
osterie, non dorme ancora.
Gli angoli bui, le pareti placide

risuonano d’incantati rumori.
Uomini e ragazzi se ne tornano a casa
– sotto festoni di luci ormai sole –

verso i loro vicoli, che intasano
buio e immondizia, con quel passo blando
da cui più l’anima era invasa

quando veramente amavo, quando
veramente volevo capire.
E, come allora, scompaiono cantando.

(da “Le ceneri di Gramsci”)